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Chi ha letto il mio intervento precedente, ricorderà l’elenco dei fattori che reggono la vita sulla terra: nascita, morte, sacrificio, potere e il quinto è EROS. Sulle sue sfaccettature Elémire Zolla si è soffermato più volte, soprattutto in un libro che risale agli anni Ottanta del Novecento, ripubblicato nell’Opera omnia Marsilio 2019: L’amante invisibile. L’erotica sciamanica nelle religioni, nella letteratura e nella legittimazione politica. Il tema al centro, come indica il titolo è un tipo immaginario di relazione amorosa, attestato nella maggioranza delle culture arcaiche e indigene, presente anche in un famoso classico della letteratura latina. Si tratta del romanzo L’asino d’oro del poeta, canzoniere, filosofo, retore e studioso di magia, Lucio Apuleio, vissuto nell’Africa romana nel II secolo d.C. Accusato di avere sedotto con incantesimi la ricca vedova Pudentilla al fine di impossessarsi della dote, Lucio pronunciò a propria difesa una celebre arringa a Sabrata, uscendone presumibilmente assolto. Autore di svariate opere e trattati , la sua fama è legata soprattutto al romanzo Le Trasformazioni, più noto come L’Asino d’oro, tradotto in modo impeccabile dallo scrittore Massimo Bontempelli (Longanesi 1972). Così come il celebre testo indiano Bhagavad Gita [Il canto del Beato] è inserito nel poema epico Mahabharata, nell’ Asino d’oro è incastonato il mito di Eros e Psiche, ripreso poi da Giovanni Boccaccio e da Agnolo Firenzuola (1493-1543), autore anch’egli di un romanzo dallo stesso titolo. Quanto questo monaco vallombrosano fosse attratto dall’eros e dal femminile lo testimoniano altre sue opere come Ragionamenti d’amore e i Discorsi delle bellezze delle donne. Ma torniamo al primo Asino d’oro, il cu protagonista come Apuleio, si chiama Lucio. A causa di un incantesimo andato a male da parte della servetta con cui se la intende, Lucio viene trasformato in un asino, subendo ogni tipo di umiliazioni fino a quando, prigioniero in una caverna di banditi ascolta dalla vecchia Panfile che ha cura di lui, il racconto mitico di Eros e Psiche, dai tratti fortemente onirici Psiche (che in greco significa “Anima”) è una fanciulla incantevole di cui la dea Venere gelosa si vendica costringendola a sposare un mostro. Per sottrarla all’oltraggio, i genitori di Psiche avvertiti da un oracolo, l abbandonano su una rupe. Il vento Zefiro se ne innamora e la rapisce conducendola in un palazzo meraviglioso dove un amante invisibile la seduce ordinandole però di non posare lo sguardo su di lui. Psiche disobbedisce, scorge addormentato l’amante bellissimo ma una goccia d’olio caduta dalla lucerna, risveglia Eros che vola via dileguandosi. Da qui in poi si snodano le infinite peripezie di Psiche condannata da Venere a scendere nell’Oltretomba per prendere un vasetto di preziosi cosmetici da offrire alla dèa. L’intera creazione si allea in favore della fanciulla, procurandole l’inestimabile tesoro dalle mani di Proserpina. Venere finalmente ammansita, i due innamorati possono celebrare fantastiche nozze dalle quali nascerà una figlia chiamata Voluttà.
Sorride il lettore moderno dinanzi agli intrecci e gli intrighi che portano il Lucio di Apuleio a venire trasformato in un dolentissimo asino, convinto di soccombere al maleficio fino a quando gli appare in sogno la Luna, Signora delle sementi e delle messi. Costei gli ordina d purificarsi ritualmente, di iniziarsi ai misteri di Iside onde rovesciare il maleficio in fortuna. E tanto più stupiamo al dipanarsi di una vicenda fiabesca i cui protagonisti non sono esseri di carne ma l’archetipo della forza d’Amore fuori e dentro di noi: Eros e Anima rispettivamente. A fronte dell’esperienza ordinari in cui attrazioni e ripulse avvengono tra uomini e donne concreti, prodigi e incantesimi si compiono difficilmente, non si praticano culti misterici, non si confligge con dèi e dèe, non si rischiano nozze con mostri ed è impossibile venire trasformati in ciuchi se non appunto nelle fiabe di magia, un’abbondante dose di meraviglia ci lascia divertiti come bambini ma anche disorientati e perplessi. Il famoso dilemma se sia nato prima l’uovo o la gallina si ripresenta nel caso di Amore: ci si innamora perché è il turbine erotico a soggiogarci, o è il fatto che ci innamoriamo a spingerci a immaginare che un Eros divino penetri in noi? Il tema cifrato che serpeggia ne L’amante invisibile è infatti questo. Attraverso il sondaggio in un orizzonte antropologico vastissimo, dai mondi indigeni e sciamanici al folklore contadino, ai riti di corteggiamento umani e animali, alle trame di opere letterarie e poemi, alle trattazioni sull’amore nel pensiero filosofico di Occidente e Oriente – e vagliando altresì ipotesi e teorie sulla sindrome erotica che hanno fatto scuola nella psicologia moderna: Sigmund Freud, Melanie Klein, Carl Gustav Jung, Jean Piaget fino a Ivan Pavlov, Alexande Lurij e Abraham Maslow, il libro zolliano dispiega in modo cantabilmente erudito la fenomenologia amorosa nelle griglie dei miti africani sulle spose e gli sposi celesti che visitano in sogno, delle credenze sulla Dama angelicata nella tradizione scolastica cristiana, dell’amore cortese europeo, dell’eterno femminino e della sessualità androginica (scrutata da Zolla nella monografia L’umana nostalgia della completezza: l’Androgino e altri scritti ritrovati (Omnia Marsilio 2022)
Ma per fiutarne direttamente il sapor scorriamo d’appresso un pagina dell’Amante invisibile (pp.64, 66 dell’edizione 2003):
I motivi principali dei miti sciamanici imperniati su Eros sono: a) in transe o in sogno un essere soprannaturale ama un mortale; b) un incidente, uno sbaglio, un fallimento, una violazione rendono folle, accecano, azzoppano o animalizzano il mortale. L’interpretazione di questo evento sinistro è spesso agli antipodi della sua funzione narrativa. La follia è follia al mondo, transe, saggezza divina. La cecità è veggenza, come spiegava a Dante Stazio (colui che lo conduce al di là del mare di fiamme, delle passioni (Purgatorio, XXVIII). Nella Tebaide (IV,540) Tiresia è uno stregone androgino che opera un’evocazione sciamanica assistito dalla vergine figlia, ed esclama:
Un dio gettando sui miei occhi l’oscurità / Mi fece scendere tutta la luce nel petto .
[L’azzoppamento di Tiresia indica la metamorfosi in uno spirito d’uccello]; c) il divino amante resuscita o rende immortale chi ha subìto le prove purificatrici. Nelle iniziazioni regali il prescelto diventa insieme figlio e amante d’una Madre che può apparire Androgina. Egli stesso acquista l’androginia come Tiresia, Cecrope, Ercole, e i vari giovinetti amati dalla Signora degli animali in Anatolia e nel Libano, come infine i sacerdoti di Cibele […]. Nei termini della teologia cristiana la concezione del Medio Oriente antico fu rivisitata in epoca vittoriana da Coventry Patmore:
Lassù donde scendono amore, vita, luce,/ Da impenetrabili raggi velata,/Al cospetto eterno del Signore,/Sua pari ride e gioca Sapienza;/Maschio e femmina Dio fece l’uomo/A sua intera e non spezzata immagine,/ E nei nostri amori oscuramente sentiamo/ L’Amore che in Lui stesso vige.
Fran Wilczek (Premio Nobel per la fisica 2004) saggiamente afferma riguardo alla materia di sua competenza: «avremmo ancora bisogno di descrizioni complementari della realtà». Per le questioni d’amore vale lo stesso: si vivrebbe meglio se ammettessimo la complementarità di un Eros divino/umano che ci visita nell’interstizio tra veglia e sogno.
Grazia Marchianò, ©2022